Interviste e confronti: Leonardo Regano, curatore


SpazioPPP: Ciao Leonardo, ci descriveresti brevemente il tuo lavoro e il tuo campo di indagine?

Leonardo Regano: Trovo che un’etichetta univoca che identifichi il mio lavoro non ci sia. Ogni volta che mi chiedono una biografia diventa difficile perché, come capita spesso a noi teorici del mondo dell’arte contemporanea, un profilo unico e univoco che ci definisca non esiste. Sono un curatore, un critico, uno storico dell’arte, un docente, un conservatore, un giornalista. Tra tutte queste, mi piace molto la parola curatore, perché l’avere cura di un qualcosa, di un rapporto o di un progetto, dà un senso a tutte le mie azioni. 


SPPP: Quali intellettuali sono stati o sono tuttora, per la tua linea di ricerca, punto di riferimento e per quali motivi?

LR: Mi sono formato a Bologna, al Dams, per cui non posso che avere come punti di riferimento Umberto Eco e Renato Barilli. Ma questo per me, è più un discorso di “affetto” intellettuale che altro. Per il resto non ho dei veri e propri punti di riferimento, ma ci sono autori che leggo più volentieri di altri. Attualmente leggo James Elkins.  


SPPP: Quali sono le tue considerazioni rispetto allo stato attuale dell’arte contemporanea italiana?

LRMmm…. possiamo parlarne subito dopo la Biennale?  


SPPP: Data la centralità del ruolo dei curatori nel rapporto fra gallerie, istituzioni, realtà di ricerca e gli artisti, che consigli, riflessioni, avresti da suggerire alle diverse “voci del coro”?

LRPartiamo da un presupposto, ovvero che stiamo vivendo un momento storico che – pur nelle evidenti difficoltà – ha portato però di buono che la galleria d’arte ha dovuto reinventarsi come punto di incontro e di ricerca. Non siamo negli anni Settanta/Ottanta, ma qualcosa è cambiato rispetto alla frenesia da Fiera che dominava fino a poco tempo fa. E sempre più di frequente torna la consulenza di noi critici e curatori per costruire progetti che vadano oltre il solo discorso di vendita così come l’attenzione per i giovani. Da un altro punto di vista, ci sono le Istituzioni che impegnano sempre meno fondi e risorse per produrre progetti nuovi e interessanti. Per una mancanza di fondi endemica, per una impossibilità di programmazione, per mille altri motivi. Ma la realtà è che in Italia ti devi arrangiare e le idee rimangono sempre lì, nella loro irrealizzabilità. Il Ministero ha avviato una politica di sostegno al contemporaneo valida e apprezzabile ma la strada è ancora lunga perché si possa creare un parallelo con gli altri sistemi di sostegno all’arte europei.  


SPPP: Hai progetti che vorresti realizzare, che non hai ancora realizzato o che invece stai realizzando, di cui vorresti parlare? 

LRQuello che vorrei realizzare lo lasciamo non detto, perché in fondo i desideri devono rimanere segreti perché si possano concretizzare. Quello che ho davanti invece, è una primavera/estate ricca di impegni. Se parliamo di mostre, il prossimo marzo inauguro una collettiva alla Galleria Antonio Verolino di Modena di cui daremo a breve comunicazione e che mi rende molto felice perché mi sta dando l’occasione di misurarmi con il lavoro di artisti che stimo e seguo da tempo. C’è poi Sacri Indici, la personale di Sissi che curerò a Bologna durante il periodo di ArtCity. E poi ancora, a giugno presento alla Rocca Roveresca di Senigallia l’opera che Claudia Losi ha prodotto con il sostegno dell’Italian Council, IX edizione, concludendo il progetto “Being There _ Oltre il Giardino”. E ancora tanti altri progetti che stanno prendendo forma proprio in questi giorni. 

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