Interviste e confronti: Alessio Moitre, gallerista e scrittore

 



SpazioPPP: Ciao Alessio, qual'è il tuo approccio nell'individuare e promuovere nuovi talenti artistici all'interno della tua Galleria?

Alessio Moitre: Potrei cavarmela scrivendo, almeno per quanto mi riguarda, una verosimile verità, che un autentico e certificato approccio non vi sia. Se accettiamo che l’istinto sia un metodo, divergiamo da qualsiasi tesi logica possibile. Però, accanto ad esso, vi è anche un attenzione che cerco di mantenere nel corso del tempo, per le opere e i pensieri di artisti che, per qualche motivo, m’incuriosiscono. Sovente, visto il mio interesse, sono giovani o giovanissimi d’età, dunque, per certi aspetti, il compito è più complesso. Le strambate, i cambi d’opinione, le cessazioni di lavoro o d’impegno, le fughe e i ritorni, sono nel mio menù da quattordici anni quando si tratta di arte contemporanea o attuale. Da un lato sarebbe opportuno andarci cauti, dall’altra sono pur sempre un gallerista, dunque lavorato dalla curiosità e da un certo senso dell’azzardo. Non prescindo però da un buon rapporto umano con il creativo. Senza di esso rigetto ogni forma di collaborazione. Sono  ancora convinto del senso profondo di essere felici. La costrizione o la mal sopportazione, non hanno nulla di stimolante. La tecnica, lo stile, la produzione più o meno copiosa, sono dettagli che esamino seppur nessuno di esso mi distoglie dalla sensazione, se buona, provata in apertura di rapporto. Ognuno ha la sua “sensazione”, un curioso caso scientifico di suggestione, mistica e creduloneria. La mia è una nebbia, uno scontornamento della fisionomia osservato o dell’oggetto (sicuramente portata dalla mia miopia in combutta con l’astigmatismo) ed una placida condizione di tranquillità. Vai a sapere che cosa mi capita! Si procede poi con il confronto con il/la creativo/a e l’avvallo di una personale o di una collettiva, in base al procedere dell’operato. Nella promozione intesso sempre il senso della consapevolezza e del proprio lavoro. Continuo, nonostante i tempi, a sostenere la pratica dell’intellettuale che persegue la carriera artistica. Mi pare l’unica soluzione accettabile per dare un’etica e d’una forma di morale alla professione. Pazzie mie, senza dubbio, ma provo ad esser coerente. Segue, se possibile, un confronto post espositivo soprattutto sul piano della fattibilità. Si spera di procedere con altre esposizioni e lavori congiunti. Ma ripeto, sempre prendendo le mosse dal dialogo. Non credo che oggi ci serva più lavorare senza sosta. Abbiamo provato ma non ha funzionato.



SPPP: Come vedi l'evoluzione dell'arte contemporanea italiana negli ultimi anni e quale ruolo pensi che la Galleria Alessio Moitre abbia avuto in questo contesto?

AM: È difficile che le gallerie, un domani sempre meno domani, possano ancora rivestire un ruolo centrale nell’arte contemporanea. Mondo da questa affermazione le corazzate, le enormi associazioni di categoria davvero cooperative (la parola “solidali” non me la gioco) e le medie gallerie di gran tempra e carattere. Che rimane nel contenitore? Credo un piacevole odore di buona volontà, impegno, passione, un pizzico di cocciutaggine e regionalismo ma nulla di considerevolmente produttivo. Ma questo è uno scenario globale un poco appesantito dal pessimismo. In Italia, terra di PMI (piccole e medie imprese), dal familismo spinto, dall’individuo solo al comando, dal frazionamento in comuni, dal “piccolo e bello”, gli spazi d’arte hanno ancora un terreno per giocare. Innanzitutto di mantenimento e di porto sicuro per l’artista davvero motivato nella ricerca personale (siamo di nuovo in clima agostiniano con il nuovo pontefice, dunque dubbio, ricerca ed introspezione ritornano in auge, siamo pur sempre influenzati dalla cristianità), senza eludere la vetrina e l’importanza che un talento, inizialmente regionale, può apportare ad un territorio. È capitato sovente per poi debordare nell’accettazione del grande pubblico. Questo per l’arte contemporanea possiede ancora un grande senso d’esistere. La scoperta, l’implementazione di se stessi. Oltre che un dato economico, potenzialmente esponenziale. Sul livello o il valore delle opere attuali e sulla loro possibile evoluzione, in merito agli ultimi tempi, non saprei davvero cosa affermare. Alcuni conoscitori, tecnici del settore affermano da tempo che siamo scarsi, che non abbiamo un sistema adeguato, che ci manchi il “campione” o “la campionessa” di razza per emergere. Io, sempre nel mio minuscolo, persevero nel sostenere che in un mondo a trazione economica, nessun essere umano può scovare la sua natura. Sarà sempre schiacciato ed oppresso dal senso del calcolo, del valore e di ciò che esso possa valere per le personali qualità. Finché non decamperemo da questa battaglia invisibile, produrremo sempre copie e cloni.
Il tempo della creazione non è quello della finanza. L’arte contemporanea odierna, invece, s’illude che sia così, contravvenendo alla natura umana dei suoi creatori.
Mi viene dunque d’affermare, dopo un tale ragionamento fin qui espresso, che se la Galleria Moitre ha un merito, questo lo si può trovare nella volontà di dialogare con gli artisti a livello umano e personale, dandogli sale e attenzione, con i giusti ritmi. Insomma, facendogli accostare ad un arte innanzitutto di conoscenza personale e, in seguito, di profitto. Concetto complesso. Ma pensiero e profitto possono camminare insieme. Basta non escluderne uno a svantaggio dell’altro, come oggi capita. E non ho nemmeno usato la parola”sostenibilità”!



SPPP: Hai di recente pubblicato "Breviario artistico" edito da Prinp Editore, avresti voglia di parlarcene?

AM: “Breviario artistico” è un punto di raccordo per testi e pensieri generati negli ultimi anni a ripresa di una analisi del mondo basata principalmente sulla scrittura. In semplicità: i capitoli brevi che si riscontrano all’interno dello scritto trattano, marciando dall’inizio della carriera, dei giovani e giovanissimi artisti, e forniscono al lettore non una guida ma un attacco di confronto, determinato dalle mie perplessità. Vi sono tematiche più tecniche ed altre maggiormente sociali, annotazioni artistiche e di merito, appunti sulla civiltà culturale e sul ruolo del lavoro creativo. Questo libro ha per me un ruolo sopra tutti gli altri: di ragguaglio sul punto da me raggiunto. Senza un analisi del panorama circostante, personalmente difetterei in buon senso ma anche in una certa forma di sanità mentale. Non è difficile infatti darsi alle suggestioni. L’arte contemporanea è un settore dimidiato: da una parte il lavoro, dall’altra la sensazione. Ragione e mistica, mi verrebbe da asseverare. Dunque senza un analisi con se stessi, diviene difficile non sprofondare nelle peggiori recriminazioni o malesseri. C’è dell’autoanalisi, ovviamente. Però il libro, edito per merito di Dario Salani, ha soprattutto la qualità di essere sincero. In scrittura e dubbi. 



SPPP: Ci sono passaggi del libro che ci vorresti evidenziare? Quali sono i principali motivi che ti hanno portato alla stesura di questo libro? E in che modo la tua attività di Gallerista ispira quella di scrittore e viceversa?

AM: Come accennato nella precedente risposta, il punto che amo sottolineare è la perplessità. Senza questa forma d’analisi e, in parte, d’esistenza, non si potrebbe generare nessuna venatura di dubbio. La scrittura ha proceduto da questa performante condizione per convogliare sull’esistenza quotidiana che, per un gallerista, è meno avventurosa di quanti molti pensino (soprattutto serie tv e prodotti simili). Mi piace sostenere che vi sia, nella mia professione, una metodologia variegata. Effettuiamo movimenti ed operazioni spesso abitudinarie ma mai simili alle precedenti o a quelle che seguiranno. Dunque nella diversificazione di menomi dettagli ha risieduto il germe della prima scrittura d’arte sul tema della galleria e affini. La scrittura ha un pregio indiscusso, può scatenarsi con mezzi limitati e su qualsiasi cosa, in qualunque posto e a qualunque ora. Se poi coltivata, ha una forma di libertà intrinseca. Il tuo livello di comprensione e di traduzione dei pensieri sono nelle parole che adoperi. Non si scappa da tale assunto. La galleria, l’arte e gli artisti forniscono materiale e mezzi alla scrittura, e lei li riconverte in comunicati, articoli, saggi, approfondimenti e mostre (molte parole sono divenute esposizioni). È un rapporto che, per ora, funziona e prosegue senza intoppi. 



SPPP: Ci sono progetti futuri per la Galleria e per la tua attività di scrittore che stai realizzando o che vorresti realizzare?

AM: Con la galleria ci siamo accordati, io e lei, che attendiamo l’evoluzione di settembre dove, tutti gli indizi, portano al fatto che dovrei diventare padre. Sono dunque prudente per un fatto che, sotto tutti gli aspetti, modificherà il presente ed il futuro della mia vita. Inevitabilmente la scrittura, senza dubbio. Anche per questo, nell’ultimo anno soprattutto, la letteratura per l’infanzia e per ragazzi, con annessa illustrazione, m’impegna in svariati ragionamenti. Poi vi è una lettera che vorrei scrivere e rivedere in parte, da inviare alla Galleria, sodale degli ultimi quattordici anni d’esistenza. Infine una serie di racconti che sto correggendo e che spero di terminare, al massimo, fra un paio di mesi. Dopo si va nel campo dell’imprevisto. È tutta da viversi. Vediamo e sperimentiamo. Come sempre, dopotutto.